Crea

 

Va’, verso i tuoi orizzonti interiori,

visionaria di bellezza,

di forme,

trasformazioni,

compattifica le dimensioni dei tuoi arcobaleni.

Cogli nel tuo animo

denso,

continuo come l’asse dei numeri reali,

l’infinito nell’infinitesimo,

idee, visioni,

aloni.

Crea

e sarà opera scaturita,

atto di assoluta discontinuità dall’inesistente.

Crea,

che gradiente infinito sia

dal nulla alla tua opera,

segno d’amore

debordante per forza centrifuga

dalla giostra animata della tua fantasia.

In te

riecheggia il canto d’una ragazza

dall’animo sospeso tra la realtà manifesta

e sfumati veli

che dal tangibile sublimano in arte.

Nessuno riesce a capirti

perché sei un respiro di sensazioni di donna,

e il tuo sentire slancia il tuo animo

in una soavità così alta

che la grazia diviene in te pietra sempiterna.

Tratto da “Cantico di una creatura” di Francesco Debran.

https://www.facebook.com/francesco.debran/?fref=ts

Francesco e il canto

Francesco, del canto, è un pioniere. Francesco partecipa al mondo, lo ascolta, lo canta. I suoi sensi si acuiscono investiti dai flussi del vento, dei raggi luminosi, dei suoni; riconosce la bellezza delle creature. Per lodarle, infine, bisogna ornarle di attributi. L’acqua è umile, preziosa, casta; il fuoco è bello, giocondo, robusto e forte. Perfetti quelli che sceglie, nella loro semplicità; diventano tessere della sua immagine verbale dell’esistente. Incide le sue parole, con pugno deciso scrive sapendo e sentendo che ciò che si scrive deve poi essere cantato. Scrive Erri De Luca: ‘la voce umana è fatta per salire come fuoco e fumo dritta al cielo, spinge dal basso […] bussando in su a un ascolto. La musica perciò si dota di scala, di gradini’.

Nel 2006, Alda Merini prestò voce a Francesco:

Ho visto il significato dell’acqua.

[…] Ho capito il piacere di un piede nudo

che divora la terra piena di asperità.

Ho cominciato a cantare le meraviglie dell’Universo.

Malgrado non conosca la musica,

le mie mani suonavano […] tutti gli spettri della gioia […]

tutti i colori della terra.

Si narra che Francesco, il giullare di Dio, cantasse ballando o quanto meno facendo aleggiare le mani nell’aria. Era direttore dell’orchestra delle sue parole. Dice ancora Alda:

Francesco era liuto e le sue dita flauti.

E’ proprio così: quando si vuol cantare qualcuno o qualcosa, si è felici di tramutarsi nello strumento che emana note che sono saluto e ringraziamento.

Nell’XI del Paradiso, Tommaso D’Aquino parla di Francesco e Povertà come di due sposi. La povertà è ‘la donna sua più cara’. Sì, la sua sposa. Io penso che il Cantico abbia un difetto di omissione: un ‘Laudato sii per sorella Chiara’ non sarebbe stato un tradimento alla sua sposa. Chissà che attributi le avrebbe riservato.

Canzone per il rivoltoso sconosciuto di piazza Tien’anmen (la fotografia più famosa del mondo)

riv

Libertà, vita, rivoluzione,

una zappa contro una lancia.

Risveglio d’una popolazione

nelle piazze fervide di Francia.

Milleottocentoquarantotto,

s’infiamma e si scuote l’Europa,

ogni equilibrio rotto,

donne a combattere col bastone di scopa.

In Cina il popolo implora

una barlume di dignità,

sta ormai scattando l’ora

della rivolta per la libertà.

Il pugno di ferro della presidenza

vuole schiacciare il capo non più chino

di chi le oppone resistenza,

i rivoltosi di Pechino.

Raccolti  in una folla folta,

ignari dell’ordine che si serba:

annegare nel sangue la rivolta,

falciare uomini come erba.

Si diparte con forza d’impatto

il carro armato, punta il cannone.

Contro il canto di riscatto,

vento acre di repressione.

Carro armato, andatura lenta

pronta a stroncare i dissidenti.

La terra si scuote sgomenta,

trasmette il tremore ai denti.

Roteano cingoli rigidi,

implacabili, sbriciolano asfalto.

Gli animi sempre più frigidi

ormai rinunciano all’assalto.

Il popolo arreso e restio

alla lotta contro la dittatura,

il potere balla e il calpestio

spegne la libertà nella paura.

Chi ancora può scappa via,

la piazza presto si svuota,

si dissolve l’utopia,

la speranza sempre più remota.

L’entusiasmo si smorza

va placandosi la dissidenza,

nessuno trova più forza

raschiando il fondo della coscienza.

Il presidente festeggia

il riso taglia il suo brutto grugno,

ma va impazzendo una scheggia,

si alza l’alba del 5 giugno.

La rivolta è un vento che tira

che investe un pugno, un quando e un dove,

uno studente lo respira,

piazza Tien’anmen, 5 giugno 89.

Lui, da solo, tiene duro

risoluto, non si smuove,

sbarra il passo come un muro

ai carri tipo 59.

Pochi chili di carne e ossa

ma sterminato amore da sfogare,

agita la giacca, bandiera di riscossa

ancorato al suolo, albero secolare.

Un esile corpo diventa macigno

nell’attitudine del pellicano,

leggiadria, solitudine del cigno

ma il peso d’un popolo in una mano.

Tiene il capo eretto,

il mostro d’acciaio non lo spaventa,

il cuore gli esplode nel petto,

il coraggio lo arroventa.

Il nome non passa alla storia,

non esiste alcuna biografia,

riecheggia, sola, nella mia memoria

l’irruenza d’una fotografia.

S’arrampicò  su un carro armato

per parlare con un tenente,

disarmante e disarmato

chiese ‘perché fai male alla mia gente?’.

Carcere o flagello,

nessuno corse in suo aiuto.

Riposa, ragazzo, addio, fratello,

grazie, padre, rivoltoso sconosciuto.

Il figlio, di Pablo Neruda

Sai da dove vieni?neruda2
… vicino all’acqua d’inverno
io e lei sollevammo un rosso fuoco
consumandoci le labbra
baciandoci l’anima,
gettando al fuoco tutto,
bruciandoci la vita.
Così venisti al mondo.
Ma lei per vedermi
e per vederti un giorno
attraversò i mari
ed io per abbracciare
il suo fianco sottile
tutta la terra percorsi,
con guerre e montagne,
con arene e spine.
Così venisti al mondo.

Da tanti luoghi vieni,
dall’acqua e dalla terra,
dal fuoco e dalla neve,
da così lungi cammini
verso noi due,
dall’amore che ci ha incatenati,
che vogliamo sapere
come sei, che ci dici,
perché tu sai di più
del mondo che ti demmo.
Come una gran tempesta
noi scuotemmo
l’albero della vita
fino alle più occulte
fibre delle radici
ed ora appari
cantando nel fogliame,
sul più alto ramo
che con te raggiungemmo.

Pablo Neruda, da I versi del Capitano

Equidistribuzione taoista delle risorse

Il Dao del cielo è come tendere un arco:
l’alto si abbassa, il basso si alza,
l’eccesso viene diminuito,
l’insufficiente viene aumentato.
Non così il dao degli esseri umani.
Toglie a chi non ha a sufficienza
e offre a chi ha in eccesso.
Chi è in grado di avere in eccesso e offrirlo al mondo?
Solo colui che possiede il Dao.
Per questo il saggio agisce ma non conta i risultati
e quando l’opera è compiuta non vi si sofferma.
Non desidera mettere in mostra la propria virtù.

Lao Tzu

Invito al viaggio, di Battiato-Sgalambro, da L’invitation au voyage di Baudelaire

Ti invito al viaggio
in quel paese che ti somiglia tanto.
I soli languidi dei suoi cieli annebbiati
hanno per il mio spirito l’incanto
dei tuoi occhi quando brillano offuscati.
Laggiù tutto è ordine e bellezza,
calma e voluttà.
Il mondo s’addormenta in una calda luce
di giacinto e d’oro.
Dormono pigramente i vascelli vagabondi
arrivati da ogni confine
per soddisfare i tuoi desideri.
Le matin j’écoutais
les sons du jardin
la langage des parfums
des fleurs.

https://www.youtube.com/watch?v=PcTt-eGd8kE

L’invitation au voyage

Mon enfant, ma soeur,
songe à la douceur
d’aller là-bas vivre ensemble!
Aimer à loisir,
aimer et mourir
au pays qui te ressemble!
Les soleils mouillés
de ces ciels brouillés
pour mon esprit ont les charmes
si mystérieux
de tes traîtres yeux,
brillant à travers leurs larmes.

Là, tout n’est qu’ordre et beauté,
luxe, calme et volupté.

Des meubles luisants,
polis par les ans,
décoreraient notre chambre;
les plus rares fleurs
mêlant leurs odeurs
aux vagues senteurs de l’ambre,
les riches plafonds,
les miroirs profonds,
la splendeur orientale,
tout y parlerait
à l’âme en secret
sa douce langue natale.

Là, tout n’est qu’ordre et beauté,
luxe, calme et volupté.

Vois sur ces canaux
dormir ces vaisseaux
dont l’humeur est vagabonde;
c’est pour assouvir
ton moindre désir
qu’ils viennent du bout du monde.
 Les soleils couchants
revêtent les champs,
les canaux, la ville entière,
d’hyacinthe et d’or;
le monde s’endort
dans une chaude lumière.

Là, tout n’est qu’ordre et beauté,
luxe, calme et volupté.

Charles Baudelaire 

(da Les Fleurs du Mal, 1857)

Forza di gravità e forza celeste

Da un verso di Marina Cvetaeva.

Esiste in natura un’attrazione opposta a quella terrestre,

Marina l’ha scoperta e l’ha detta celeste.

Per la leggenda, Newton si accorse della gravità

colto di precisione da una mela

e non gli venne in capo la forza di bellezza

che aveva spinto il frutto sopra l’albero,

scatti di linfa, clorofilla, luce.

Ci voleva Marina a nominarla.

L’attrazione celeste sbalza le catene montuose, suscita le maree,

spinge l’albero in su, il fuoco a sollevarsi,

una corrente d’aria a risalire una parete al sole.

Sta nell’alpinista e nei disegni di Leonardo,

nelle preghiere e nelle serenate, nell’astronomo,

nel moribondo, nel lievito, nel mosto,

nella gola del lupo, nelle ossa del piede,

nell’eruzione di un vulcano e nella mongolfiera,

in un grido di pena, nel lancio di un cappello.

Erri De Luca

Biblioteche

La Biblioteca perdurerà: illuminata, solitaria, infinita, perfettamente immobile, armata di volumi preziosi, inutile, incorruttibile, segreta. (Jorge Luis Borges).biblioteche

La mia biblioteca era per me un ducato grande abbastanza. (William Shakespeare).

Le biblioteche non si fanno; crescono. (Augustine Birrell).

Ora, cos’è importante nel problema dell’accessibilità agli scaffali? È che uno dei malintesi che dominano la nozione di biblioteca è che si vada in biblioteca per cercare un libro di cui si conosce il titolo. In verità accade sovente di andare in biblioteca perché si vuole un libro di cui si conosce il titolo, ma la principale funzione della biblioteca, almeno la funzione della biblioteca di casa mia e di qualsiasi amico che possiamo andare a visitare, è di scoprire dei libri di cui non si sospettava l’esistenza, e che tuttavia si scoprono essere di estrema importanza per noi. (Umberto Eco).

Se presso alla biblioteca ci sarà un giardino, nulla ci mancherà. (Marco Tullio Cicerone).

Una biblioteca è un’entità in continua crescita; sembra moltiplicarsi senza l’aiuto di nessuno, si riproduce tramite acquisizioni, furti, prestiti, donazioni, evidenziando lacune che emergono attraverso associazioni di idee, esigendo integrazioni di ogni genere (Alberto Manguel).