Giuseppe e TUTTE LE PAROLE DEL MONDO

 

   Negli ultimi anni dell’ 800, un bambino di nome Giuseppe fu costretto ad abbandonare la scuola, appena finita la seconda elementare, per andare a lavorare nelle terre vicine al suo paese. Aveva avuto solo il tempo di imparare a leggere. Lui e altri bambini lavoravano 16-18 ore al giorno, veniva loro concesso un unico pasto al dì, consistente in un tozzo di pane raffermo su cui veniva fatta cadere una sola goccia d’olio d’oliva.

   Al contrario dei bambini che potevano continuare a frequentare la scuola, lui avrebbe divorato i libri scolastici; leggeva tutto quel poco che gli capitava tra le mani. Riuscì a procurarsi, seppur nell’assoluta povertà, dei pezzi di carta e una matita per annotare le parole di cui non conosceva il significato, con la speranza che un giorno avrebbe potuto comprenderle.  Poco più che bambino, si ribellò agli orari di lavoro troppo duri,  creò un circolo giovanile per radunare i ragazzi che con lui condividevano le sorti lavorative, riuscì a fare istituire una scuola serale, organizzò una campagna contro l’alcolismo, chiese e ottenne l’apertura di un ambulatorio retto da volontari. Come avrebbe rivelato anni e anni dopo, questi momenti di grande fervore giovanile e incessante attività erano accompagnati dalla sensazione di non possedere un bagaglio culturale e lessicale tale da poter fronteggiare i politici e i burocrati. Passava, così, tutto il tempo che sottraeva all’impegno lavorativo e sociale a leggere e studiare i giornali e i libri che riusciva a procurarsi. Amava la poesia.

   Un giorno, in una bancarella per strada, vide un dizionario della lingua italiana, oggetto di cui sconosceva l’esistenza, che divenne immediatamente il suo più grande desiderio. Lui lo chiamò ‘il libro con tutte le parole del mondo’. Anni dopo avrebbe affermato: ‘il vocabolario fu una delle scoperte per me più dirompenti. Ricordo che non posai più il libro neanche quando il libraio mi disse il prezzo e mi mancava almeno la metà dei soldi per comprarlo. Avevo tanto desiderio di quel libro che me lo dette ugualmente‘.

   Credo che per Giuseppe le parole rappresentassero non solo uno strumento di conquista della libertà, ma libertà esse stesse. Sarebbe diventato un audace comunicatore. Da giovane e da adulto, usò la parola per veicolare il messaggio del valore della giustizia sociale. Delle parole, fece coesione, mastice tra uomini appassionati.

   Questo non potrà certo essere il blog con tutte le parole del mondo, ma, volendo trattare di parole, mi piace dedicare un ricordo alla figura di Giuseppe Di Vittorio, che di esse capì l’importanza e la bellezza.

Lascia un commento